La Vastese si ritrova a giocarsi la salvezza dopo un’incredibile rimonta (girone d’andata chiuso con soli 7 punti). Una squadra imbottita di giovani, guidata dal mister Walter Salvioni, ad un passo dal compiere un “piccolo miracolo”.
L’Avezzano ha un punto di vantaggio. La Vastese poteva essere davanti ai marsicani, ma nella giornata precedente si “suicida” a Forlì (1-1) quando la partita sembrava essere ormai saldamente nelle mani biancorosse. Quindi per salvarsi – e spedire l’Avezzano in D – deve vincere.
L’Aragona è stracolmo, gli spettatori sono circa 5000.
Ma al nono minuto un errore della retroguardia vastese fa involare Andrea Orocini verso la porta: 0-1 e stadio “ghiacciato”.
La Vastese non riuscirà più a reagire. Finirà così, tra lo sconforto dei presenti. Il sogno è svanito, contro una delle rivali storiche.
Ancora oggi, a Vasto, dopo 21 anni, il nome “Orocini” fa venire l’orticaria e spinge chiunque a bestemmie e improperi. Anche a me, che all’epoca avevo solo 9 anni e vivevo la prima, enorme, delusione sportiva della mia vita.
Poco dopo ce ne fu un’altra, a Pasadena: credetemi, mi fece meno male.
Oggi la Vastese non si gioca nulla, dato che concluderà il suo torneo di Eccellenza a metà classifica. Per la causa biancorossa sono davvero tempi duri.
L’Avezzano, se vince, è in Serie D. È stata vietata la trasferta ai tifosi biancoverdi per motivi di ordine pubblico. Pur ritenendo la decisione fuori dal mondo, sono felice. Vedere nuovamente quella maglia festeggiare sul mio campo sarà già difficile. Almeno sciarpe, bandiere e vessilli resteranno in Marsica, lontano dagli occhi… E dal cuore”.
Il tifo, quello sano, è la parte più bella del calcio; il cuore che batte per dei colori non ha tempo, non ha età. Al di là dell’esito odierno ci auguriamo che sugli spalti ci siano altri Roberto Naccarella. Pronti a raccontare un’altra storia.